Cosa accade nel corso di una psicoterapia a orientamento psicoanalitico?

La psicoanalisi da tempo mette l’accento sulle proprietà trasformative dell’incontro analitico. Non più semplicemente uno strumento per scavare tra le macerie del passato ma una pratica che aiuta a comprendere cosa impedisce all’individuo di emergere in quanto soggetto e a costruirsi nuove realtà, generate dall’interno e non imposte dall’esterno e dal consenso sociale.

L’essere umano non è un soggetto statico (“Non cambierai mai! – Sono fatto così!”)  ma in perenne formazione e trasformazione, non dato una volta per tutte. Non aspetta di essere semplicemente decodificato, ma continuamente trasformato e arricchito.

L’interpretazione diviene un atto più leggero e muta di significato: da semplice traduzione e svelamento di un significato nascosto inconscio, diviene costruzione di senso, comprensione, un intervento capace di generare trasformazioni cogliendo le emozioni sottese al racconto del paziente e favorendo una circolarità di significati tra il paziente e il suo terapeuta.

Tra le tante storie possibili che un paziente narra al suo analista solo alcune urgono di essere raccontate, di essere messe in scena, forse perché più di altre si prestano alla ripetizione e alla riattualizzazione di dimensioni relazionali radicate nel profondo.

Nuovi paradigmi si aprono all’orizzonte nel valutare le trasformazioni realizzate: non solo capacità di amare e lavorare, di accettare i limiti della vita, della propria condizione di individui ma anche capacità di giocare, di essere creativi e autentici, di inventare continuamente soggetti che prima non esistevano.

Per quanto possa risultare incredibile – per diventare se stessi occorre inventarsi e il maestro, quale che sia e quando che sia, se è un maestro, è colui che restituisce il discepolo a se stesso e alla sua condizione di autenticità attraverso trasformazioni ed elaborazioni di pensiero.

Ed è per questo che la pratica analitica si avvicina sempre più alla formazione, senza però ridursi ad una pedagogia. L’analista aiuta il paziente ad accrescere la competenza trasformativa di sé poiché, ogni mente dalla nascita ha bisogno di un’altra mente per potersi sviluppare. Il paziente impara così un metodo per compiere trasformazioni, andando “a bottega nella mente dell’altro”.

L’analista mostra la sua capacità di accogliere, condividere, espandere il campo di riflessione, interrogarsi, di arricchire il racconto con le proprie immagini. Mostra la possibilità di tollerare la frustrazione e il dolore, il silenzio e l’inafferrabile, il tempo infinito e il limite.

L’acquisizione di una competenza autoanalitica, di una capacità di narrarsi, di dare un senso compiuto alle proprie esperienze di attraversamento, aiuterà il paziente, dinnanzi a nuovi vissuti angosciosi che si presenteranno inevitabilmente nel corso dell’esistenza, a generare una migliore capacità di riflessione e di comprensione “amorevole” di sé.

Paziente e analista, uniti da una comune pratica riflessiva e dialogica, fanno esperienza concreta della mente dell’altro, del loro essere in relazione, divenendo co-autori di una storia che si sviluppa e che tenta di emergere da un immaginario claustrofobico e da un copione troppe volte recitato

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