I giovani e il Coronavirus

Da una condizione di potenza iniziale siamo passati ad una di fragilità. Solitamente tendiamo a ripetere le stesse cose, gli stessi rituali. Oggi invece ci poniamo costantemente domande: esco o non esco? vedo gli amici o no? vado in ufficio o lavoro da casa? porto mio figlio alle abituali attività sportive?

Il dubbio che si contrappone al certo ci pone il problema della scelta. Di fronte al dubbio abbiamo due possibilità: che la pandemia finisca in fretta annullando tutti i dubbi e le ansie oppure stare nel dubbio per risolverlo in modo creativo, inventandoci qualcosa di nuovo.

Le generazioni non si sviluppano ogni decade ma quando accadono eventi socialmente rilevanti. I ragazzi della Seconda guerra mondiale, i sessantottini, i millenians e ora i ragazzi della pandemia…

Ma non saranno proprio i giovani i nuovi protagonisti di questa nuova era improntata all’incertezza? Spesso inibiti nella loro libera iniziativa, impediti ad uscire dalle maglie familiari a causa della crisi economica, oppressi da un eccesso pedagogico che allontana il dolore, la ribellione e quindi la creatività, potrebbero acquistare in questa fase storica più spazio. Essi hanno una abitudine al dubbio superiore alle generazioni precedenti. Mentre i loro genitori e nonni sono perlopiù cresciuti nell’unilateralità (una famiglia, un padre, una madre, un lavoro, un orientamento politico, ecc.), i giovani hanno vissuto spesso in famiglie allargate, hanno persino visto succedersi due papi, hanno conosciuto l’esistenza di più orientamenti sessuali, hanno visitato fin da piccoli paesi stranieri e incontrato da vicino più culture e sono consapevoli della mancanza di tutela del lavoro. Sono attrezzati al dubbio e in esso ci si muovono più agilmente. Il problema sarà la gestione del dubbio e come aiutarli a risolverlo creativamente.

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