Mal d’amore

Ha senso nella nostra epoca scrivere di amore? si chiedono in molti. L’uomo contemporaneo liberato dalle catene della miseria, almeno in Occidente, sembra essere oggetto di una nuova schiavitù: essere senza desideri e condannato a perseguire un godimento schiacciato sul consumo compulsivo e perennemente insoddisfatto. Insegue il sogno di realizzarsi nella stabilità e nella ricchezza degli affetti, ma al contempo sembra timoroso di restare impigliato in relazioni stabili, per non dire definitive, poiché paventa che tale condizione possa limitare, paradossalmente, proprio la libertà di instaurare nuove relazioni, più soddisfacenti.

Per quanto complesso il tema dell’amore è uno degli aspetti cruciali dell’esistenza umana. Il “mal d’amore” ci affligge, è fonte spesso di sofferenza, di scacchi relazionali nelle concrete vicende della vita, un sentimento per certi versi rischioso, un’illusione che però tutti ci auguriamo possano, almeno una volta, ammalarsi sul serio. Forse più che un “male” l’amore rappresenta la nostra condizione umana, ci parla della nostra indefinitezza e del nostro divenire attraverso l’incontro con l’Altro, motore vitale e potenziale di energia.

Molto tempo del nostro lavoro clinico come terapeuti viene speso nell’ascoltare le storie d’amore dei nostri pazienti, spesso infelici. Vi sono molte modalità di pensare e vivere l’oggetto d’amore. Vi sono amori in cui l’Altro rappresenta solo un soddisfacimento del bisogno di rassicurazione o di possesso, vissuto come essere non separato da chi lo ama ma solo come riflesso di sé e del proprio mondo antico. Vi sono amori impossibili, irraggiungibili e – per quanto il dono d’amore non garantisca la reciprocità e per essere veramente tale non dovrebbe attendere restituzione – rappresentano veri e propri supplizi di Tantalo da cui non è possibile distaccarsene. Relazioni in cui si rimane impigliati da queste presenze virtuali non in grado di offrirci alcun riconoscimento, vagheggiati nella solitudine della propria mente in un autoerotico rifugio. 

Vi sono amori che entrano in conflitto con l’aspirazione di ritrovare una propria autodeterminazione, di nascere come persona la cui rinuncia alla sicurezza può significare una ricerca di libertà che tenta, ma al contempo terrorizza.

 L’amore è un sentimento primario e presente in ogni persona, almeno come potenzialità. Si tratta di riuscire a scoprirlo, reinventarlo, accrescerlo. Molto spesso il non essersi sentiti sufficientemente amati, viversi come falliti, indegni, interferisce e inibisce questa capacità e occorrono allora buoni accompagnatori per rianimare, rivitalizzare un seme che si è fragilizzato o spezzato.

Un obiettivo del lavoro analitico è imparare ad amare o forse più spesso imparare a lasciarsi amare, saper accogliere un amore prigioniero del passato per trasformarlo nell’amore per una nuova relazione.

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